CASTELLO DI MONTECASTRESE

L’area fortificata si raggiunge tramite uno stretto sentiero, proseguendo da una strada privata. Su questo percorso confluiscono anche la mulattiera di Metato ed il sentiero “la via pubblica di Montecastre”.

Il Toponimo Montecastrese è di facile lettura, deriva dal latino castra, che significa accampamento militare o fortilizio.

Le fonti d’archivio riguardanti la rocca sono molti, il primo documento di cui si ha notizia è 1219 relativo all’atto di comproprietà stipulato tra i Corvaia e Vallecchia, viene nominato come “castrum Montecastresi”.

Dai rilievi cartografici si rilevano almeno due accessi, il primo posto ad occidente, vicino all’antica chiesa di Santa Barbara. Il secondo è situato sul lato orientale. Da queste evidenze si può capire la viabilità che permetteva di raggiungere il castello. Quello che viene ricordato il più importante percorso giungeva da Camaiore, si staccava poco prima del paese di Lombrici, questo paese si arrivava attraverso una mulattiera fino al castello.

Della cinta muraria si conservano molti tratti soprattutto sul lato sudoccidentale. Il perimetro complessivo risulta poco inferiore ad un chilometro, l’altezza massima conservata è di quattro metri.  I molti frammenti murari permettono di tracciarne l’ipotetica pianta su cui si sviluppava lungo il fianco più ripido del colle. Il perimetro delle mura si allunga sul versante sud-ovest allineandosi con le curve di livello, così facendo offre migliori opportunità difensive.

La maggior parte del villaggio si trova dislocata sul versante occidentale. Dentro le mura sono state trovate all’incirca cento abitazioni, spesso contigue e distribuite lungo i terrazzamenti, che vanno a diminuire via via che si avvicinano alla sommità della collina. Gli edifici, nella maggior parte dei quali, si conservano solo le mura perimetrali, hanno una pianta rettangolare. In alcuni ruderi è ancora visibile la copertura dei tetti in ardesia, di provenienza locale, con gli spioventi divergenti verso i lati corti dell’edificio ed i fori delle travature che componevano il secondo piano.

Della chiesa è stata rinvenuta parte del muro perimetrale dell’abside, di una parete laterale e della facciata. Le dimensioni sembrano molto simili a quella della chiesa di San Biagio a Lombrici e a quella di San Michele a Camaiore. Di noto rilievo è il pavimento che è interamente scavato nella roccia. L’area dell’abside ospitava le sepolture terragne mentre le tombe delle persone importanti erano realizzate in pietra ed erano  appoggiate alla facciata.

Nella battaglia che si è combattuta nel castello, vinta dall’esercito lucchese, secondo le cronache del Bianchi, i rinforzi pisani giunsero in ritardo, visto che il castello era ormai perduto, presero il dipinto di una madonna che si trovava nella chiesa di Santa Barbara e la portarono a Pisa. La tavola raffigurante la madonna col bambin Gesù, fu collocata sull’altare di sotto gli organi, questa immagine, di gusto prettamente bizantino, è stata molto prodiga per la città pisana. Secondo alcuni viene attribuita a Berlinghiero Berlinghieri, attivo pittore del XII sec. a Lucca, a lui si deve un bellissimo crocifisso attualmente presente a Villa Guinigi a Lucca. La data conferma i fatti raccontati da Bianchi e allontana l’ipotesi che vuole che questo dipinto sia proveniente da Luni, in data anteriore all’effettiva collocazione cronologica.

Del muro del cassero si conservano diversi tratti che presentano un’altezza massima che non supera i due metri, la maggior parte del muro è visibile solo sul lato meridionale, mentre sul lato nord, sono rimasti solo pochi frammenti. Le due torri e lo spazio tra loro compreso, era rinchiuso da mura e formava il cassero, derivante forse da un antico insediamento romano o bizantino.

All’interno del cassero si trovano i resti di una massiccia torre quadrata, realizzata in conci di pietra, alto circa quattro metri e mezzo. Non molto lontano su un fianco si conserva parte superiore del corpo di una torre, questa doveva essere il mastio, la torre maggiore, posta vicina l’abitazione del signore del castello. La sporgenza aveva le funzioni di un pianerottolo, infatti, per entrare nella torre era in uso un sistema di scale, almeno due, probabilmente a lisca di pesce, che consentivano di giungere fino all’ingresso. L’ipotesi delle scale così realizzate nasce dal fatto che la sua conformazione consente di salire agevolmente, anche se con un carico sulle spalle.

La cisterna si trova sul fondo della torre. Sulla base della descrizione è stato possibile ritrovare su un poggio olivato non molto lontano dalla cinta muraria. Si è conservata la parte interna, in parte intonacata con malta idraulica. Non possiamo sapere se la cisterna è coeva al castello, ma Bianco Bianchi, durante l’episodio della distruzione di Montecastrese, narra di una cisterna posta fuori le mura del castello.

Dopo la conquista dei castelli camaioresi Lucca ordinò che non si potessero ricostruire i castelli dei Corvaia e dei Vellecchia, tra questi c’era anche quello di Montecastrese, distrutto nel 1223

Il materiale impiegato per la costruzione del castello è una pietra calcarea biancastra e molto compatta di provenienza locale. Per la realizzazione del tetto delle abitazioni è stata utilizzata dell’ardesia di provenienza locale. Il sito di estrazione è citato in un documento del 1465, a Col del Procchio, vicino a Casoli.

Numerosi sono i reperti archeologici presenti al Museo Archeologico di Camaiore. Sono stati rinvenuti testelli, brocche, numerosissimi frammenti ceramici e olle databili tra il XII e il XIV sec.

Di particolare interesse la macina a bascula simile ad altre esistenti in altri castelli del territorio di Camaiore.