RIPARI PREISTORICI DI CANDALLA

Periodo di occupazione del sito: Età del Rame – Età del Bronzo

Ai piedi del Monte Penna, lungo la riva sinistra del Torrente Lombricese, alcuni “ripari sotto roccia” alla base delle pareti rocciose strapiombanti di Candalla furono sfruttati nella fase di miglioramento climatico che caratterizzò l’Olocene, soprattutto durante l’Età del Bronzo.

Con il termine “riparo sotto roccia” si indica una naturale sporgenza della roccia utile a fornire riparo dalle intemperie: queste pareti rocciose aggettanti, che potevano garantire una idonea protezione, costituirono infatti un comodo appoggio per le capanne delle comunità locali che avevano villaggi stabili nelle vicinanze, ma che iniziarono a frequentare l’alveo del torrente per soggiornarvi almeno stagionalmente e condurre le attività di pastorizia. Alla sommità del Monte Penna altre piccole cavità naturali furono invece sfruttate in questo periodo per seppellirvi i defunti.

I ripari di Candalla sono stati oggetto di scavo da parte del Museo Alberto Carlo Blanc di Viareggio nel 1984-1985 ed hanno restituito le tracce più consistenti di frequentazione umana soprattutto durante l’Età del Bronzo.

RIPARO DEL LAURO

Posto a circa 35 m sull’alveo del Torrente Lombricese, è costituito da una rientranza nella roccia di circa 11 m, alta 4, ai piedi di un’alta parete a strapiombo. Gli scavi archeologici hanno messo in evidenza strati di terreno con resti di un acciottolato realizzato per rendere piana l’area abitativa e sono stati recuperati, oltre a punteruoli in osso e altri utensili per le attività quotidiane, numerosi frammenti di vasi le cui forme e decorazioni documentano la fase culturale dell’Età del Bronzo Medio iniziale.

Una sepoltura di una bambina di circa 11-12 anni fu collocata in un anfratto naturale della roccia, con vasi in ceramica come corredo funebre. Lo studio delle alterazioni dello smalto dei denti ha rivelato conseguenze dovute a malnutrizione tra il primo e il terzo anno di vita.

Le analisi dei resti prelevati dalle aree di focolari hanno inoltre rivelato che il bosco era costituito da querceto a carattere misto con carpino nero e quercia e che si consumavano vari frutti selvatici ed abbondanti ghiande carbonizzate. La consumazione delle ghiande, legata alla diffusione dell’economia pastorale e dell’allevamento dei suini, era probabilmente parte anche dell’alimentazione dell’uomo. Sono stati rinvenuti anche frammenti carbonizzati di mele selvatiche di piccole dimensioni (alcune divise a metà) e frutti di susino e di corniolo selvatico. Quest’ultima pianta, a partire dal Neolitico, si diffuse abbondantemente grazie al graduale diradamento boschivo connesso alla pastorizia e all’agricoltura.

La mancanza di cereali è forse in relazione alla forte incidenza dell’utilizzo delle risorse forestali locali e potrebbe quindi far pensare ad una frequentazione dell’area solo in particolari momenti dell’anno, probabilmente sul finire dell’estate quando i dintorni potevano fornire sufficienti risorse alimentari spontanee date dalla ricchezza dei frutti del bosco. I carboni dei focolari di questo insediamento hanno anche permesso di ottenere la datazione (mediante il sistema del Carbonio 14) di circa 3600 anni da oggi (3600+- 60 B.P.).

RIPARO DELL’AMBRA

Si apre a circa 30 m di altezza sull’alveo del Torrente Lombricese e documenta una più antica frequentazione abitativa durante l’Età del Rame o Eneolitico, fase culturale durante la quale i contenitori in ceramica vennero decorati con riporti di argilla a forma di “squame”, con striature incise, o con diversi tipi di impressioni. Si faceva uso anche di macine e macinelli in pietra per la preparazione dei cibi. Durante l’Età del Bronzo l’insediamento fu più stabile e venne realizzata una capanna, addossata alla parete rocciosa, con un pavimento in argilla e pareti a “incannicciato”, ovvero realizzate con intelaiatura in legno rivestita in argilla. All’interno era posto un focolare, circondato da pietre. Le fusaiole per la filatura della lana, una zappetta in corno di cervo e un blocco di rame confermano lo svolgimento di attività stanziali di più lungo periodo. Tra i numerosi frammenti di ceramica la forma più caratteristica di questa fase culturale è la ciotola con manico rialzato ad estremità avvolta. Durante la fase del Bronzo Finale la ceramica fu caratterizzata da forme decorate a solcature orizzontali, costolature oblique e “coppelle”, cioè piccole depressioni coniche sulla superficie del vaso.

Dagli strati del Bronzo Finale proviene anche un elemento di collana in ambra il cui valore doveva essere notevole visto che le zone di approvvigionamento di questa materia prima erano il Mar Baltico e il mare del Nord. La particolare forma della perla, a botticella, di tipo “Tirinto” (da quelle rinvenute in Grecia nel Tesoro di Tirinto di epoca micenea) attesta che le popolazioni di pastori di quest’area avevano contatti commerciali già ben sviluppati: questo materiale pregiato e questa forma di monile è infatti presente in varie tombe o ripostigli del Bronzo Finale della penisola italiana ed è particolarmente diffuso nell’Italia settentrionale.

E’ probabile che l’ambra sia giunta a Candalla dalla località di Frattesina, presso Fratta Polesine (Rovigo), importante centro artigianale e commerciale dell’epoca e punto di smistamento e di lavorazione di materie prime locali ed importate, tra le quali l’ambra delle regioni baltiche.

RIPARO DELLA ROBERTA

Si apre a circa 7 m di altezza sull’alveo del Torrente Lombricese. Il riparo ha subito nel corso del tempo diverse ingressioni da parte delle acque del torrente, che hanno lasciato tracce nella stratigrafia del deposito con diversi livelli argillosi, testimonianza di acque ristagnanti ai margini del torrente vero e proprio.

Nell’Età del Bronzo, quando il livello del torrente si stabilizzò, il “riparo sotto roccia” fu frequentato da genti che vi addossarono le loro strutture abitative: resti di argilla indurita dal fuoco ed una buca di palo testimoniano la presenza di una capanna a ridosso della parete rocciosa, come al riparo dell’Ambra. Si faceva uso di grandi contenitori decorati con applicazione di cordoni di argilla e di grandi scodelle con massicce anse, forme tipiche della fase centrale dell’Età del Bronzo. La presenza di fusaiole in terracotta testimonia l’abituale attività di filatura. Questo riparo è stato anche frequentato sporadicamente nel periodo altomedievale e in età recente. Un consistente strato di carbone documenta infatti la realizzazione di una carbonaia, testimoniando lo sfruttamento anche nel recente passato di queste sporgenze naturali della roccia.