FATTORIA ROMANA CAPEZZANO

Periodo: VI sec. a.C. – VII sec. d.C.

L’insediamento rurale dell’Acquerella, posto al raccordo tra la pianura apuo – versiliese e la valle di Camaiore, è stato messo in luce tra il 1994 ed il 2002. La sua posizione lungo itinerari costieri e all’innesto con percorsi diretti verso la valle del Serchio, nonché la vicinanza alla riva più settentrionale del Lago di Massaciuccoli, che secondo recenti indagini geomorfologiche si spingeva fino alla piana di Camaiore, possono aver favorito anche un ruolo di questo insediamento nella rete dei traffici lungo le vie di terra e d’acqua.

La fattoria era stata realizzata in un’area protetta e ben esposta ai piedi delle colline coltivate a oliveti: in età romana l’olio era fondamentale per l’alimentazione, ma era usato anche per la realizzazione di balsami cosmetici e di medicinali.

L’insediamento attraversa diverse fasi di occupazione, dal periodo etrusco (VI–V secolo a.C.) attraverso tutta l’epoca romana e fino all’Alto Medioevo (VI-VII secolo d.C.).

ETÀ ETRUSCA

La presenza degli Etruschi nel sito è testimoniata sporadicamente già nel VI sec. a.C., periodo a cui risale un frammento di coppa di bucchero, ceramica fine dal caratteristico colore nero ottenuto con la cottura, tipica del mondo etrusco. Le ceramiche rinvenute offrono però un quadro che nel complesso è maggiormente riferibile al V sec. a.C., quando la tradizione del bucchero è sostituita in tutto il territorio pisano da nuove produzioni di vasellame da mensa. Diffuse in questo periodo sono le ciotole profonde, a profilo leggermente rientrante, realizzate con una tecnica che conferisce all’impasto un colore grigio-blu. Sempre al V sec. a.C. risale una coppa (kylix) di ceramica a vernice nera di produzione ateniese: questo tipo di vasellame pregiato era diffuso grazie alla fiorente rete di scali e insediamenti portuali che servivano le rotte mercantili tirreniche e redistribuivano le merci nel territorio. L’insediamento viene abbandonato all’incirca entro la prima metà del IV sec a.C., così come accade ad altri siti etruschi del territorio, che vengono abbandonati o ridimensionati tra il V ed il IV sec a.C.

ETÀ ROMANA

La fattoria vive il suo periodo di massima attività durante l’età romana, tra il II-I a.C. e il IV-V d.C., quando la pianura apuo – versiliese viene sottoposta al progetto di sfruttamento razionale delle campagne del territorio tra Pisa e Luni (centuriazione) dopo la conquista romana del II sec. a.C.. Risalgono a quell’epoca i locali funzionali al ciclo produttivo dell’olio: un’ampia vasca dove vengono depositate le olive prima della frangitura, una più piccola per il lavaggio, con un condotto di scarico delle acque sporche e di residui all’esterno e un ambiente attrezzato per ospitare il torchio di spremitura delle olive (torcularium) su una pavimentazione in opus spicatum (mattoncini disposti “a lisca di pesce”), sostituita in età imperiale con una a “coccio pesto”, con al centro l’aera di premitura. Si tratta di un torchio di tipo catoniano, a leva e verricello, di dimensioni considerevoli e con le basi in calcare per gli stipites e le arbores. Dopo la frangitura delle olive, l’olio defluisce in un sistema di vasche di decantazione rivestite di cocciopesto. Adiacenti al torchio sono conservati l’area del cavedio, una sorta di cortile che ospita la mola per la frangitura delle olive, utilizzato per le manovre necessarie ad azionare la leva del torchio, nonché uno spazio di stoccaggio dell’olio in cui sono ancora alloggiati almeno cinque grandi dolia in terracotta per l’immagazzinamento. I dolia erano enormi orci in grado di contenere fino a 1.000 litri d’olio.

Nella prima età imperiale l’impianto oleario subisce una serie di trasformazioni e probabilmente in questa fase viene introdotto un nuovo tipo di torchio del tipo a leva e vite che dalla metà del I secolo d.C. sostituisce il tipo catoniano. Una lunga e stretta vasca dietro il torchio, con un foro per il passaggio del liquido, può essere interpretata come area di raccolta della pasta delle olive frante in attesa di essere pressata o come mola per la frangitura in cui le olive, poste in una vasca allungata, venivano spremute da operai addetti che calzavano pesanti zoccoli in legno.

Sempre all’epoca romana appartengono una serie di reperti legati alla vita quotidiana, soprattutto vasellame da cucina di vario tipo (tegami, scodelle, coppe, piatti, vasi, brocche ecc), ma anche oggetti in bronzo e in ferro (una fibula – spilla – e un tintinnabulum – campanello). Nella prima fase di sviluppo dell’insediamento è presente la ceramica da tavola a vernice nera, con un repertorio di forme simili a quello della fase finale delle produzioni di area etrusca. A partire dalla seconda metà del I sec. a.C. viene introdotto un nuovo tipo di ceramica, caratterizzata da un rivestimento lucente di colore rosso cristallino (la terra sigillata italica), tecnica innovativa nata ad Arezzo e presto impiantata a Pisa. Coppe e piatti acquistano raffinati motivi decorativi realizzati a matrice, con numerose officine che imprimono il loro marchio sui vasi. Nel sito dell’Acquarella è attestato il bollo di fabbrica L.Tettius, vasaio attivo a Pisa alla fine del I sec. a.C.. Non mancavano ceramiche da cucina importate dall’area campano – laziale, utilizzate per il trasporto di vino e di garum, la famosa conserva di pesce salato.

ETÀ TARDO – ANTICA

A partire dal III – IV sec. d.C. aumentano le ceramiche importate dall’Africa: questo dato accomuna tutti gli insediamenti della regione, sia nell’area costiera che in quella interna. Si tratta di un periodo di prosperità e di intensi scambi commerciali con l’estero: le stoviglie di produzione africana sono distribuite in tutto il Mediterraneo e all’Acquarella arrivano diversi tipi di scodelle da tavola di produzione tunisina. Le ceramiche importate diminuiscono notevolmente durante il V sec. d.C., quando sono soppiantate da stoviglie da tavola e da cucina prodotte in ambito locale o regionale. La particolarità di queste ceramiche (realizzate tra Luni, Pisa, Volterra e Lucca) sta nel fatto che tentano di imitare quelle di origine aFricana.

Nel corso del VI sec. d.C. la fattoria dell’Acquarella viene abbandonata: in seguito, l’accumulo di rifiuti nelle vasche per la decantazione indica l’inizio di un nuovo insediamento, formato da un gruppo di capanne con piani d’uso in terra battuta che coprono gli antichi pavimenti. Vengono realizzate buche per l’accensione dei fuochi e per l’interramento dei rifiuti (anche i dolia vengono adibiti a questa funzione). Si segnala infine una struttura muraria di pietre a secco che sembra proteggere il lato nord dell’insediamento (forse a difesa dalle acque).

I reperti sono esposti presso il Civico Museo Archeologico di Camaiore.

Il museo archeologico di Camaiore prevede di collocare cartellonistica informativa nel corso della futura realizzazione del progetto di area archeologica.

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